Con l’espressione Revenge Porn si intende la condivisione pubblica di immagini e/o video intimi, sessualmente espliciti, sul web, senza che il protagonista del materiale sia consenziente. Le immagini pubblicate in rete sono spesso prodotte da persone legate da un rapporto intimo con la vittima (la maggior parte delle volte si tratta del partner, che sia fisso o occasionale), la quale acconsente alla ripresa, ma può capitare che video e scatti vengano fatti di nascosto, senza che il protagonista ne sia consapevole.
Altre volte, si tratta di materiale inviato spontaneamente al partner, con la convinzione e tranquillità della non divulgazione.
Il fenomeno del Revenge Porn, se così si può chiamare, è emerso soprattutto legato ad un aspetto di vendetta: al termine di una relazione, appunto, il possessore del materiale decide di pubblicarlo, di diffonderlo sul web, così da farlo vedere a quante più persone possibili, al fine di ledere la persona coinvolta.
Altre volte invece, il materiale viene condiviso con leggerezza, tra amici, sottolineando come si sottovaluti la privacy e la dignità di una persona. Un’azione superficiale, che però può avere forti ed importanti conseguenze.
Con pochi e semplici click, la vita della vittima viene stravolta: umiliazione, vergogna, senso di impotenza, colpa verso se stessi, sono alcune delle emozioni che la persona può provare. A tutto ciò vanno ad aggiungersi le ripercussioni nei rapporti sociali e lavorativi: può capitare di sentirsi osservati, giudicati, anche disprezzati. Recarsi sul posto di lavoro può rappresentare uno stress fortissimo, così come relazionarsi con i propri amici e parenti.
Molteplici, troppe, sono le storie soprattutto di donne che hanno visto stravolta la propria vita e che, purtroppo, non ce l’hanno fatta: hanno reagito, combattuto, ma la realtà è stata così tremendamente stravolgente e dura che, a un certo punto, si sono sentite sopraffatte e si sono tolte la vita.
Lo scorso 2 aprile qualcosa si è iniziato a muovere: con 461 voti a favore il Revenge porn è stato dichiarato reato, nessun voto contrario.
La Camera si è espressa all’unanimità: si tratta di un reato penale che prevede da 1 a 6 anni di carcere, accompagnati da una pena pecuniaria (da 5 a 15mila euro), per chi diffonde materiale privato, pornografico del partner senza il suo consenso. Oltre all’esecutore della condivisione però, vengono puniti tutti coloro che ulteriormente collaborano alla divulgazione del materiale stesso, inviandolo ad amici, conoscenti, ricondividendolo sui canali web e social a loro disposizione. Inoltre “La pena è aumentata da un terzo alla metà se i fatti sono commessi in danno di persona in condizione di inferiorità fisica o psichica o in danno di una donna in stato di gravidanza.”
Facebook ed il Revenge porn
Anche Mark Zuckerberg, fondatore e amministratore delegato di Facebook Inc., ha dichiarato guerra agli account responsabili di violazioni correlate al revenge porn.
Per perseguire e raggiungere questo obiettivo infatti, il social network tra i più famosi al mondo, non solo si serve delle segnalazioni fatte dai suoi utenti, ma ricorre ad una tecnologia specifica, il photo-matching capace di riconoscere elementi già eliminati al fine di evitare nuove condivisioni.
La legge approvata alla Camera rappresenta un passo fondamentale, soprattutto per quanto riguarda la tutela e la difese delle vittime del Revenge porn. Ad esso, però, deve affiancarsi un’educazione al rispetto dell’altro, alla privacy, all’intimità. Maggiore consapevolezza, rispetto, attenzione. Anche quando si invia volontariamente del materiale, bisogna essere consapevoli a 360°: rispetto di se e dell'altro, sempre.
Ilaria Lelli
Psicosessuologa e Consulente sessuale